Qualche giorno fa, con dei cari amici, ho passato una bella giornata a Palermo e visitando le bellezze di questa splendida città, siamo andati alla
Galleria di Arte Moderna,dove ero già stata una decina di anni fa. Tra tutte le magnifiche opere esposte ve ne sono alcune che attraggono il visitatore e il busto in terracotta di una donna in abiti orientali è una di queste. Ed oggi che è San Valentino , voglio raccontarvi la sua storia, una storia che ha superato confini geografici e culturali, che forse al giorno d'oggi potrà far sorridere ,ma che nel periodo in cui si è svolta non era cosa da poco.
Lei ,giapponese di Shiba ,un quartiere di Tokio, figlia del custode del famoso tempio buddista e di nome fa
Kiyohara O'Tama.
Lui,
Vincenzo Ragusa, siciliano di Palermo,scultore e viaggiatore.
Ma come si conobbero questi due giovani che abitavano uno agli antipodi dell'altro?
La storia inizia quando Vincenzo ,valente scultore, dopo aver partecipato a 19 anni alla Spedizione dei Mille con Garibaldi, nel 1876 sbarca in Giappone per insegnare le tecniche di fusione del bronzo e altre tecniche europee di modellato, ed è tra i fondatori della Scuola Tecnica di Belle Arti di Meiji, esercitando un ruolo significativo nello sviluppo delle odierne tecniche di scultura giapponese.
Potete immaginarvi un giovane proveniente dalla terra della Sicilia di allora ,catapultato in un luogo completamente diverso per cultura, ritualità, modo di vivere...la sua vita si svolgeva prevalentemente negli studi di scultura della scuola, tra colleghi e allievi ...e fu così che un giorno, nel 1878, ebbe come modella una ragazzetta di 17 anni, che sarebbe stata la prima donna giapponese a posare per un artista europeo. Kiyohara, era graziosa,delicata come un fiore di pesco e fu un colpo di fulmine, ed anche lei era un'artista,aveva iniziato a studiare pittura ancor prima di andare a scuola per imparare a leggere e a scrivere...l'intesa era totale! Nel 1882 Vincenzo fece ritorno a Palermo e anche la ventunenne Kiyohara insieme alla sorella
O'Chiyo e al cognato lo seguirono in Sicilia, dove il fidanzato aprì la Scuola Superiore d'Arte Applicata e dove Kiyohara e i parenti avrebbero dovuto insegnare le tecniche giapponesi di pittura, ricamo e lacca. Ma le cose per problemi burocratici non andarono bene e la scuola dovette chiudere. La sorella e il cognato tornarono in Giappone , ma lei rimase a Palermo e nel 1889, convertitasi alla religione cristiana,sposò il suo Vincenzo, prendendo il nome di Eleonora Ragusa , ma firmandosi O'Tama Eleonora Ragusa. Negli anni a seguire fondò insieme al marito varie scuole artistiche e il Liceo Artistico porta ancora il loro nome. Inseparabili continuarono a coltivare le loro arti senza pestarsi i piedi, lui con la scultura e lei dipingendo acquerelli e paesaggi che le ricordavano il suo paese natale ,che non rivide più fino alla morte di Vincenzo nel 1927. Un quotidiano di Tokio pubblico a puntate la sua storia che appassionò i lettori.Dopo 51 anni di assenza dal suo paese ,riusciva a malapena a parlarne la lingua. Rientrò in Giappone perchè i discendenti della sua famiglia la rivollero in patria, assolutamente, e mandarono una giovane nipote a prelevarla a Palermo nel 1933 e non ci furono ragioni da opporre. Aprì uno studio a Tokio e continuò ad insegnare pittura ma con negli occhi sempre gli aranceti e il mare di Palermo...e il suo Vincenzo. Alla sua morte, nel 1939, volle che le sue ceneri riposassero per metà in Giappone nel tempio di famiglia Chogen-ji, l'altra metà accanto al marito nel cimitero dei Rotoli a Palermo.Sulla loro tomba c'è una colonna sormontata da una colomba opera di Vincenzo.
Spero di non avervi annoiato e alla prossima...
Patrizia